Tante donne oggi si lamentano del proprio compagno, che è poco partecipe alla vita familiare e spesso poco propenso a farsi carico delle responsabilità e dei doveri, non pochi quando si hanno in comune una casa e dei figli.
Se a volte il rischio, con questo argomento, è quello di ricadere negli stereotipi (la donna fa tutto, l’uomo evita gli impegni) è pur vero che qualcosa di fondato c’è, così come è tangibile la difficoltà di comprensione esistente oggi tra i sessi.
I ruoli familiari nella società hanno visto un notevole cambiamento e, nell’arco di non così tanti anni, abbiamo assistito allo stravolgimento di abitudini vecchie di secoli e le abitudini, si sa, sono dure a morire. Ma, tralasciando questo aspetto quella questione, vale la pena concentrarsi su quello più psicologico e introspettivo per venirne un po’ a capo.
Le femmine oggi sembrano più che altro pretendere dai maschi, come una sorta di riscatto di qualcosa di dovuto. Vogliono cioè che i maschi si facciano carico dello stesso livello di fatica che loro portano (o sop-portano), non certo per scelta, ma per volontà della Natura e delle aspettative sociali.
Quello che sbagliano, secondo me, è il modo, spesso aggressivo e direttivo con cui fanno questo tipo di richiesta. Esigono. E soprattutto tante vogliono che l’uomo le aiuti e lo faccia come dicono loro e nello stesso modo e tempi. Non rispettando le differenze personali e di genere, ma chiedendo al compagno di comportarsi come una copia di loro stesse, lasciandogli quindi poco spazio e libertà di espressione.
Se va bene l’uomo tutto questo lo rifiuta, perché lo porta a sentirsi frustrato, ed è giusto, sacrosanto, che non lo accetti. Se va male lo fa, passivamente, annullando un po’ se stesso e patendo in silenzio.
Quello che voglio dire è che l’uomo DEVE prendersi carico delle fatiche della propria donna, che non è più solo casalinga (che comunque non è poco) ma si realizza anche fuori casa ma è giusto che lo faccia A MODO SUO, e la donna questo lo deve capire.
Non posso chiedere aiuto ma accettarlo solo come dico io, altrimenti non è un compagno che voglio, ma un sottoposto! E questo, se ho a che fare con un maschio vero, è inaccettabile, perché castrante dal punto di vista psicologico.
Quindi, io credo, che il primo punto sia quello di rendersi conto del modo in cui si chiede, dell’atteggiamento e capire da cosa proviene, da che tipo di aspettativa. Come al solito insomma, il punto di partenza consiste nel guardarsi dentro.
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