
La psicoterapia viene spesso confusa con tanti altri interventi validi ma che non sono vere azioni psicoterapeutiche. Essa non è ad esempio una mera occasione di sfogo dove i problemi restano gli stessi ma si ripresentano sempre uguali, anche se parte della seduta lo prevede. Non è un punto di riferimento a cui attingere per avere consigli, anzi di consigli veri e proprio in certi approcci proprio non se ne danno ma si stimola la persona a trovarli da sé. Non è un percorso indolore né si è sempre motivati ad andarvi, anzi è normale che a certe sedute si vada malvolentieri, è segno che sta accadendo qualcosa comunque di significativo. Non ha in ultimo necessariamente la facoltà di risolvere ogni problema, né ci si ritrova “risolti” quando finisce.
Se può sembrare semplice aver chiaro cosa non è, la questione si fa più complicata quando si tratta di definirla. Partiamo dal “dove”: la terapia avviene in un luogo fisico che ne crea uno metaforico, mentale, in cui si incontra il terapeuta ma di fatto con esso si trova tesoro ben più importante, cioè se stessi. Nella stanza del terapeuta si dovrebbe andare con volontà onesta a conoscere i propri desideri, emozioni e speranze con lo scopo di rispettarli e prendersene cura. Non lo si fa da soli ma in compagnia di un altro (il terapeuta) che ha l’obiettivo di assistere, sostenere e indirizzare verso la strada migliore. Ma dove deve condurre questa strada? Qual è l’obiettivo? Può essere la scomparsa del sintomo oppure un desiderio di crescita personale o ancora la risoluzione di una crisi relazionale o individuale. Quale che sia si concorda insieme, si parte sempre da una scelta primaria e si il terapeuta conduce verso temi affini all’obiettivo. Se parliamo di disturbo d’ansia ad esempio si potrà avere a che fare con un eccesso di controllo o di razionalità o ancora con la paura delle emozioni e altri temi ancora. Il terapeuta è un aiuto che non giudica e che è in grado di reggere il dolore quanto basta per non averne paura, che non ha bisogno di scappare. Per questo credo che il terapeuta in quanto essere umano non sia solo un tecnico ma prima di tutto una persona portatrice del proprio vissuto.
Se poi ci addentriamo nei metodi e nella tecnica ci sono tanti, tantissimi modi di fare terapia, alcuni più adatti di altri per alcuni pazienti/patologie così come per il terapeuta stesso. Ogni teoria ha i suoi tempi e tecniche, dalla più strutturata alla più spontanea, dalla più attiva alla più passiva. Il miglior approccio resta sempre quello integrato e che tiene primariamente conto del paziente specifico con cui si lavora.
Questa è sicuramente ancora una definizione troppo sintetica di questo lavoro così tanto pensato e parlato ma poi così tanto in balìa dell’emotività e soprattutto delle mille sfaccettature dell’essere umano. E ancora oggi credo che la metafora che più gli somigli sia quella del viaggio, che ha metà però l’interno e non l’esterno di sè.




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