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Essere famiglia

Essere famiglia

Sono tante le definizioni che si possono dare di famiglia. C’è chi la paragona ad un sistema, fatto di elementi che tra di loro si intrecciano e comunicano, formando altri sottosistemi, più piccoli ma ugualmente significativi.

Chi pensa ad essa come ad un modo per difendersi dal mondo esterno che delude e fa soffrire, e si rifugia in essa, costruendo confini solidi ma a volte troppo invalicabili.

O ancora c’è chi fa di tutto per averla, come un miraggio di felicità e poi si stufa anche di essa e passa il tempo a desiderare la libertà che la famiglia, inevitabilmente, toglie. Tanti sono i modi di pensarla e di viverla, e tante le conseguenze che questo modi hanno su chi ne fa parte, soprattutto i figli.

Famiglie troppo chiuse in se stesse sono castranti, non permettono facilmente la crescita dei figli, perché crescere significa lasciare, e provocare nei genitori sentimenti di abbandono, e rimandano un’idea del mondo come di un luogo pericoloso, dove si può soffrire.

Famiglie dove non si “sente”più, ma si sta insieme solo per abitudine o paura del cambiamento, sono luoghi aridi in cui si cresce, certo, ma se il corpo e la mente verrano egregiamente nutriti, così non sarà per lo spirito, che avvertirà la mancanza di passione e senso, tra le maglie dei legami.

Perché tante sono le informazioni che passano in una famiglia, molto più di quelle che pensiamo e la maggioranza forse per lo più inconsce e non verbali. Gli sguardi che due genitori si scambiano, in frazioni di secondi all’apparenza trascurabili, il linguaggio del corpo, le vicinanze e i rifiuti che viso, braccia e mani comunicano esistono, anche se non trovano veicolo nelle parole. Così come le emozioni che circolano tra i membri della famiglia, più o meno consce, e che sono sinonimo di gioia e soddisfazione o di frustrazione e insofferenza per dover (e si spera volere) stare insieme.

Ogni giorno accadono innumerevoli contatti, scambi, fatti di emozioni e cose non dette che, come una piccola goccia che cade con ostinazione nello stesso punto portano alla lunga ad effetti forti e durevoli nel tempo. E sta a noi decidere di cosa questa goccia è fatta, di che tipo di sensazioni e vissuti è portatrice.

Può essere fatta di amore, passione, voglia di stare insieme e crescere insieme, giorno per giorno, e sentirsi nutriti, dentro, da questi scambi, andando a formare una struttura forte, ma che non soffochi, tenace ma non invalicabile. Ovvero un “luogo” di amore e rispetto da cui si può uscire e rientrare, allontanarsi per crescere e poi tornare per consolarsi e recuperare le energie.

Oppure si può non decidere di cosa è fatta, e quindi non ascoltare l’insoddisfazione e il malcontento che si hanno dentro, e ignorarli volutamente, per paura di doverli poi affrontare, raccontando magari a se stessi che: “è così che vanno le cose, dopo tanti anni…“.

E allora si respireranno sentimenti di ambivalenza e si crescerà con l’idea che vada bene così, restare anche se non si vuole, non provare a cambiare nulla oppure, all’opposto, fare il possibile per fuggire, al più presto, e non tornare mai più.

La scelta sta sempre a noi, sempre e comunque, nonostante quello che abbiamo ricevuto e il tipo di storia che abbiamo alle spalle, perché qualcosa, pur se poco, si può fare, e in alcuni casi, sa di rivoluzione.

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