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IL SENSO DEI SINTOMI

La maggior parte delle persone (almeno in Italia) va dallo psicologo quando il disagio che avvertono ha superato il “livello di guardia”, quando hanno provato a cavarsela da sole ma non è stato sufficiente, quando il sintomo è diventato invalidante, presente nella quotidianità, o resistente ai farmaci.

In genere quello che più importa a chi soffre, quale sia il motivo, è che torni il sereno, e spesso la richiesta è quella di “tornare come prima”. Questo è il primo, grande errore.

Se arriva la depressione, l’ansia, o dei pensieri ossessivi, la strategia non deve essere quella di tornare come prima, perché è proprio da quell’equilibrio lì che sono nati questi disturbi. E’ lì, in quella vita che facevi, nelle persone che incontravi, nelle relazioni, nel lavoro, nei sogni e nelle speranze, e proprio lì deve cominciare la riflessione.

Se con le malattie fisiche siamo sempre pronti ad approfondire, e ci sottoponiamo ad esami su esami per cercarne la causa, alla mente non riserviamo lo stesso trattamento, vogliamo solo che ciò che ci turba scompaia al più presto, poco importa il motivo della sua comparsa. Se arriva una depressione un motivo ci sarà, no? E se soffriamo d’ansia al punto di non chiudere occhio la notte qualcosa in noi sarà da rimettere in discussione, o no?

Questo forse è il motivo per cui corriamo a prendere un farmaco, disposti pure a restarne schiavi per la vita… Per evitare di metterci in discussione, chiederci cosa c’è che non va, cosa in noi, nelle nostre abitudini e nel nostro equilibrio va rivisto. Ci spaventa di più guardarci dentro, dentro di noi, non in un posto straniero, piuttosto che prendere 8 gocce prima di colazione e 8 prima di cena per 6 mesi almeno (se non per sempre).

I sintomi parlano di ciò che siamo, non sono mostri venuti dallo spazio, non appartengono ad una razza aliena, sono solo e soltanto un segnale, come la spia della macchina che si accende quando manca la benzina o è ora di aggiungere l’olio.

Sono la spia di una sofferenza emotiva. Ed è bene sapere che se ne andranno, davvero e fino in fondo, se avremo voglia di fare un minimo lavoro introspettivo e chiederci da dove è partito il segnale. Se ci fermiamo al farmaco (utilissimo in alcune situazioni, non in tutte) avremo solo sedato l’intensità delle nostre emozioni e nel peggiore, pericolosissimo, dei casi, le avremo messe a tacere. Ma non solo l’ansia, il panico, anche quelle belle, che ci fanno sentire vivi, e che rispecchiano ciò che siamo.

E’ importante sapere invece che i sintomi, quali essi siano, anche i più gravi di natura psicotica, parlano sempre di noi, di ciò che siamo e che ci manca e sono paradossalmente l’unico modo efficace che la nostra Psiche ha trovato per richiamare l’attenzione su di sé. E in questo lo psicologo non è altro che una guida nel viaggio più importante che possiamo e dobbiamo fare: quello dentro di noi.

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