Io amo il Natale, la sua attesa, le luminarie, il dover pensare a chi si ama e la ricerca dei regali. Anche se di fatto è sempre una corsa contro il tempo, perchè siamo sempre di fretta e il tempo non basta mai.
Però, non posso proprio fare a meno di pensare a chi è solo, soprattutto a chi solo ci è rimasto di recente e magari questo è il primo Natale che trascorre senza la persona che ha perso.
Parlo di lutto, di perdere il compagno, la moglie, un genitore, qualcuno insomma su cui si siamo sempre appoggiati, che ci ha visto crescere, soffrire, che ha gioito con noi delle nostre vittorie. Qualcuno la cui Assenza merita la A maiuscola perché è un silenzio, un vuoto, che urla, che ci tormenta e che a tratti crediamo di non poter sopportare. Perché andandosene si è inevitabilmente portato via una parte di noi.
Io non credo all’elaborazione del lutto, mi sembra riduttivo inscatolare un dolore così grande in fasi standardizzate. Credo piuttosto alla possibilità di abituarsi a questa Assenza, credo allo sforzo per costruire da capo un nuovo equilibrio, nuove piccole routine.
Non credo che la mente “elabori” qualcosa, né credo che lo accetti mai del tutto. Penso invece che anche dopo 10 anni quell’Assenza resti tale, continui a vivere di vita propria, quasi fosse un organismo vivente.
Riprendersi da una tale perdita è un atto rivoluzionario per se stessi, significa provvedere a ricostruire qualcosa che è crollato, riorganizzare il proprio tempo, come dover riprendere a camminare dopo una frattura che ci ha costretto a letto per lungo tempo. E per farlo credo che l’unica strada sia quella di fermarsi a sentire, stare con se stessi e con le proprie emozioni e buttare fuori tutto.
Il problema è che non è facile ascoltarsi sin da subito, appena manca la persona che amiamo, perché si teme che la rabbia e la disperazione siano troppo forti, che possano distruggerci o far del male a chi ci è vicino.
Certe emozioni vedono la luce del sole solo dopo anni, trovano voce solo al momento giusto o con la persona adatta ad accoglierle e in fin dei conti va bene così. Non esistono griglie né tempi standard per ciò che siamo e ciò che sentiamo, sono movimenti unici, irripetibili.
Però quando riusciamo a buttar fuori tutto sentiamo un sollievo, siamo liberi finalmente di continuare a vivere, pur percependo ancora quell’Assenza, magari da una canzone, un profumo o un film.
Non si dimentica mai chi si è amato e ancora si ama, ma si può provare, con tanta pazienza e volontà, a cercare un nuovo senso nei giorni che siamo tenuti a passare qui. Anche e soprattutto in memoria di chi non c’è più.
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