Il senso di colpa ha a che fare con quella sorta di vocina che ti rimprovera, con fare piuttosto serio e convinto, facendoti sentire una schifezzina. Ti sgrida perché hai sbagliato, perché hai mancato verso qualcuno, perché gli hai dato un dispiacere, generalmente perché hai evitato qualcosa che dovevi fare, che era giusto fare.
Può venire per i motivi più svariati, grandi e piccoli e può riguardare sia un’azione che un sentimento. Ci si sente in colpa per qualcosa che non si è fatto o anche solo per aver provato una determinata emozione verso una persona.
“Non dovevi arrabbiarti con Tizio, l’hai proprio trattato male.”
“Dovevi andare a trovarla anche se non stavi bene… ma che amica sei?” E via così…
E’ come se dentro di noi abitasse un giudice che si prende la briga di commentare la nostra vita e ovviamente non in modo positivo.
Nonostante io porti un grande rispetto per le innumerevoli emozioni e sensazioni che ci abitano questo proprio non riesco a digerirlo, ne’ a comprenderne l’utilità. Se la paura ci mette in guardia dal pericolo e la rabbia ci aiuta a ridefinire i nostri spazi, la colpa sembra avere l’unico scopo di farci sentire delle “brutte persone”, oltretutto per qualcosa che è già avvenuto.
L’esistenza della colpa presuppone un sistema morale e ideali di giusto/sbagliato di solito con valore assoluto. Chi si sente in errore riconosce di esserlo verso comportamenti definibili sbagliati, ma se gli si chiede “sbagliati per chi?” di solito non riesce a dare una risposta, ma tende a dire “sbagliati e basta“.
Ma allora qual è il tribunale a cui ci rimandiamo (in tempi in cui la Giustizia non sembra vederci sempre bene – al contrario della Sfortuna) per venire considerati colpevoli? E’ il “nostro” tribunale? Oppure rientra in un non ben definito non-si-fa e non-si-deve che nemmeno sappiamo bene?
Quando si ragiona per concetti di giusto e sbagliato vale sempre la pena chiedersi per chi lo è, fermarsi prima di farsi travolgere da un valutazione negativa di sé. Diverso è sentirsi in colpa per aver mancato a qualcosa che secondo noi era giusto fare, secondo i nostri personali principi, invece che per opinioni comuni non ben identificabili…
Forse l’unico scopo della colpa, mi dico, è quello di farci capire che abbiamo mancato e così di riparare. Un mezzo per riflettere sulle nostre azioni e, laddove necessario, aggiustare il tiro.
Ma tormentarsi no, è proprio inutile, tanto vale usare quell’energia per agire, sistemare le cose, fare il meglio a ripartire dal presente.
Di certo non ci renderà persone migliori continuare a dirci che abbiamo sbagliato!
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