La passività è una caratteristica decisamente fuori moda nella nostra cultura. Siamo un popolo attivo, ma non solo attivo in senso pratico e materiale, ma anche e soprattutto in senso mentale.
Non siamo capaci di stare a far niente, di non pensare, di stare davvero nel presente e in ciò che stiamo vivendo. La nostra mente è un continuo turbinìo di chiacchiere, solitamente incentrate su ciò che è stato fatto, ciò che si ha intenzione di fare, ciò che dovevamo fare e non abbiamo fatto, i nostri progetti, desideri, paure. Noi difficilmente siamo qui, dove dovremmo essere. Abbiamo sempre la testa da un’altra parte. Questo è il primo modo in cui siamo attivi.
Poi, lo siamo con le azioni vere e proprie. Stiamo sempre lì a fare. Al punto che alcuni soffrono, e anche tanto, se si ritrovano con le mani in mano. Cosa faccio? E, considerando che questo aspetto rientra nelle caratteristiche “femminili”, è un bel guaio quando è la donna a non riuscire a darsi pace, e si fa prendere da una specie di febbre del fare. Ci sono persone che non si vogliono fermare, perché se lo facessero si troverebbero a sentire cose spiacevoli, magari sepolte sotto strati di attivismo sfrenato. Agire per scappare, come una corsa senza sosta.
Quanto riesci a non fare nulla? A stare nelle cose che stai facendo, ad esserci davvero nel momento presente? Come stai se ti concedi una giornata di relax e di ozio?
La donna, per la sua costituzione fisica è nata per accogliere, e quindi anche (non solo, anche) per poter essere passiva, non agire.
Quante volte ci prudono le mani perché vorremmo risolvere una questione in sospeso e farlo subito, con il nostro intervento?
Siamo troppo interventisti, troppo attivi, non sappiamo aspettare, nè metterci da parte. Ci sentiamo sempre obbligati ad agire in prima persona, a intervenire per risolvere. Non abbiamo molta fiducia nel naturale evento delle cose, nel fatto che possono andare a posto da sè, senza che noi facciamo nulla.
A volte è importante saper non agire, restare immobili, muti.
Perchè magari la soluzione arriva dopo, naturalmente e al momento giusto, e allora metteremo in campo un’azione più significativa, più incisiva, e che maggiormente rispecchia ciò che volevamo.
Agire è importante, ma va ridimensionato, pesato, valutato, a seconda dei momenti. Non bisogna eccedere in nessuno dei due aspetti, nell’azione come nella passività. Il guaio come al solito è sempre quello di trovare un equilibrio in cui entrambi gli aspetti possano interagire tra loro.




Lascia un commento