“Che lavoro fai?” Odio rispondere a questa domanda, perché quando lo faccio nessuno mi guarda mai come si guarderebbe chi fa un altro tipo di lavoro. In genere le reazioni che hanno le persone sono di due tipi: screditanti, ovvero non credono alla psicologia ed evitano come la peste tutti gli Psicologi; un po’ inquietati, come se stessero parlando con un essere un po’ strano.
Perché, nonostante anni di teorie, sedute, libri e partecipazioni televisive, lo Psicologo ancora lascia lì un po’ così. O lo si stima, e allora via con le domande, del tipo “posso raccontarti un sogno?” “non è che mi analizzi mentre parlo?” “posso chiederti del mio amico/partner/genitore… ?” oppure lo si considera inutile e allora via a chiedere cose come: “ma alla fine cosa fa uno Psicologo? non è uguale parlare con il proprio amico?” per poi cadere nei più consolidati pregiudizi, che vedono le terapie infinite, ore a parlare dell’infanzia, lettino su cui sdraiarsi, ipnosi e, perché no, magie esoteriche e incantesimi per far piovere.
Quando posso farne a meno non lo dico che lavoro faccio, ma è ovvio che prima o poi salta fuori, e allora hai voglia a far capire alle persone che non passo tutto il mio tempo ad osservare e analizzare il genere umano, a volte tento anche di divertirmi e pensare ad altro, soprattutto se l’ho fatto per l’intera giornata.
Alcune persone poi hanno un vissuto magico del terapeuta, come se andarci significasse farsi “riparare” e risolvere tutto in tempi brevi, nella più totale passività da parte del cliente. Ovvio che non è così, la terapia è una tecnica, certo il terapeuta ne fa parte, con la sua indole e le sue esperienze di vita, ma il percorso lo si fa insieme. Il terapeuta funziona da accompagnatore e punto di riferimento e appoggio nell’esplorazione di sé e nella ricerca attiva di nuove risorse.
In parole povere: la terapia si fa in due, il terapeuta giuda, ma non è che il paziente/cliente sia nel sedile dietro a schiacciare un pisolino. Ma è lì, di fianco, a cercare insieme una nuova strada, che faccia sentire meglio nella propria vita.
E pur se bellissimo e affascinante, è impegnativo fare lo Psicologo, per questo non ci interessa al di fuori del lavoro. Fatta esclusione forse, per due tipi di persone: chi ha appena iniziato l’Università ed è pieno di entusiasmo per ogni lettura e chi invece, già abilitato, ama fare un po’ il figo per attirare l’attenzione, tenendo banco e dandosi importanza.
Questo è esattamente uno di quegli aspetti che, a parer mio, ci fa capire il tipo di professionalità di un collega. A parer mio eh 😉
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