Sabato 24, quello appena trascorso, ho partecipato ad un’iniziativa del Comune di Corbetta, tenendo un incontro dedicato ai “caregivers” ovvero coloro che assistono persone malate o comunque non autosufficienti.
Ogni incontro mi richiede tanto alle spalle, molto più di quelle due ore in cui si parla, microfono in mano, dell’argomento scelto. Un po’ perché un minimo timore della “folla” c’è, così come la paura di restare muti, un po’ anche perché un po’ di organizzazione è sempre utile. Soprattutto se chi doveva aprire l’incontro arriva dopo un’ora, ma sorvoliamo su questo fattore…
Ciò che mi ha stupito, e lasciato un segno, è stato l’intervento di una signora presente, che, alla richiesta di domande o alcun tipo di intervento ha preso parola in modo piuttosto rabbioso raccontando la sua situazione.
Realtà, come altre, di sofferenza e dolore, dove oltre alle problematiche date dalla situazione in sé, si aggiungono a volte rifiuti o indifferenza da parte delle Istituzioni, che piuttosto di aiutare crea ostacoli, in nome di una burocrazia che sembra essere più importante di ogni altra cosa.
Non è sempre così per fortuna, tante sono le figure pubbliche efficienti e presenti, ma tante, troppe volte ancora succede che chi ha bisogno, davvero bisogno di una mano, si ritrovi solo davanti a muri di moduli, leggi senza senso, regole che sconfinano nell’assurdo e che rendono penose situazioni che già hanno un notevole carico di dolore in sé.
Assistere chi soffre, non per scelta ma per dovere, oltre che per amore, è difficile, e sfiancante, e lo sa soprattutto chi lo vive. Ed è bello che si organizzino incontri a tema, ma tanto ancora si deve fare per sostenere i caregivers, sia praticamente, che psicologicamente, perché non si sentano soli, né lasciati a sé, ma riconosciuti nel loro ruolo e lavoro quotidiano.
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